Politiche di fidelizzazione del personale

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Team di tre persone che lavorano al pc

Nel corso degli ultimi anni stiamo assistendo ad un inversione dei principi giuridici caratterizzati da elementi protezionistici a favore del prestatore di lavoro subordinato, verso un bilanciamento delle posizioni contrattuali tra le parti connessi appunto al mutamento dei modelli organizzativi del lavoro e di comportamento in azienda.

In pratica l’insieme dei vincoli posti dal legislatore a tutela del lavoratore, che con un termine potremo sintetizzare con “rigidità”, lasciano sempre più spazio al suo naturale contrario ovvero alla “flessibilità” che si fonda sull’iniziativa economica privata della parti negoziali secondo una concezione più liberista che protezionista.
Ciò spiega perché le strategie manageriali di oggi sono sempre di più volte alla conservazione della forza lavoro maggiormente qualificata e utile al processo produttivo attraverso la “fidelizzazione” del prestatore.
In tale ambito infatti l’approccio al tema della “fidelizzazione” del personale si articola attraverso vari strumenti:

a) Clausole di stabilità o di durata minima garantita

Si tratta di clausole del contratto o accordi approvati separatamente con cui il Datore di Lavoro e il lavoratore si impegnano a non esercitare il recesso dal rapporto di lavoro per un determinato periodo di tempo. Tali patti, in sostanza, servono a dare alla relazione di lavoro una certa stabilità nel tempo. Al riguardo distinguiamo:

  • patto di stabilità nell’interesse del solo lavoratore: il Datore di Lavoro si impegna ad assicurare al dipendente la conservazione del posto per una durata minima (è frequente nell’ipotesi di rapporti di lavoro instaurati con dipendenti aventi una qualifica elevata come, ad esempio, dirigenti, quadri, tecnici, commerciali)
  • patto di stabilità nell’interesse del solo Datore di Lavoro (è anche chiamato «patto di permanenza»): il lavoratore si impegna – di regola a fronte del pagamento di un apposito corrispettivo – a non dimettersi per un periodo di tempo predeterminato
  • patto di stabilità nell’interesse di entrambe le parti: in questo caso, tanto il Datore di Lavoro quanto il dipendente non possono recedere prima della scadenza della data.
b) Patto di prolungamento del preavviso

La clausola prevede un periodo di preavviso più ampio rispetto a quello previsto dal CCNL se a fronte di tale deroga il dipendente riceve benefici economici e di carriera.

c) Patto di stabilità durante la prova

Il patto di stabilità può essere apposto, sempre che le parti lo desiderino, anche al patto di prova; ne deriva che, se è stata concordata una durata minima garantita della prova, la facoltà di libero recesso potrà esercitarsi (se non pagando il periodo garantito ma non lavorato) solo dopo il decorso del termine indicato quale “durata minima della prova” e prima che scada il periodo di prova vero e proprio.

d) Impiego di politiche retributive incentivanti

Sistemi di retribuzione incentivante collegati ai profitti di impresa e al rendimento del dipendente; maggiorazioni retributive individuate ad personam collegate al grado di professionalità, competenza e fedeltà del lavoratore. Tra questi sicuramente una funzione determinante è rappresentata dalla retribuzione accessoria quali i fringe benefits, con lo scopo di creare un forte senso di attaccamento all’impresa.

e) Adozione di tecniche di “coinvolgimento” dei lavoratori

Il lavoro a gruppi come strumento per lavorare meglio e per motivare le persone, l’utilizzo di pratiche di Qualità Totale, indagini motivazionali, ecc.

f) Impiego di tecniche unilaterali di regolamentazione dei rapporti di lavoro

Utilizzo di strumenti – quali il regolamento d’impresa, codici di condotta, codici etici, codici deontologici – volti a creare un clima aziendale coinvolgente e competitivo rispetto all’esterno.

Un mirato utilizzo di tali clausole contrattuali potrebbe permettere all’impresa di razionalizzare le competenze a disposizione, consentendo quindi alla stessa azienda di avere un quadro certo sulle strategie future da adottare in relazione al ricambio dei lavoratori fuoriusciti e quindi garantirsi una maggiore stabilizzazione delle risorse disponibili.

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