Distacco “consapevole” di manodopera
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Nell’articolo di oggi andremo a trattare il tema del distacco di manodopera, con particolare riguardo ai profili che lo dividono dall’interposizione illecita di manodopera. Sia chiaro che il distacco, è una delle due eccezioni lecite alla coincidenza tra titolare e utilizzatore del rapporto di lavoro (l’altra è la somministrazione di lavoro da parte di un’agenzia autorizzata, ma questa è un’altra storia).
Il distacco viene definito dall’art.30, comma 1, del d.lgs. 276/2003, il quale sancisce che “si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, (attenzione perché è una condizione essenziale) pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa”.


In questo quadro si delineano tre figure:
  • il datore di lavoro, che assume le vesti del distaccante (colui che “cede” il proprio collaboratore dipendente”) e che rimane titolare del rapporto di lavoro e per tale ragione, pertanto, responsabile del trattamento economico e normativo del lavoratore. Quindi non solo è il responsabile della corresponsione della retribuzione ma anche di tutti gli obblighi contributivi e assicurativi previsti nonché al potere disciplinare.
  • il lavoratore distaccato è colui che andrà a svolgere l’attività lavorativa presso l’utilizzatore. Nello specifico potrebbe essere distaccato anche presso più distaccatari. Il suo consenso non è richiesto per il distacco, salvo nel caso in cui si proceda ad un mutamento di mansioni. Se il distacco è disposto presso una sede di lavoro situata oltre 50 km dall’attuale, devono esserci particolari ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive a giustificare l’applicazione dell’istituto.
  • il distaccatario, chiamato dalla norma “altro soggetto” in quanto può anche non essere a sua volta un datore di lavoro: è l’utilizzatore della prestazione lavorativa del distaccato. Il distaccatario esercita il potere direttivo, ad esempio può decidere gli orari e le strumentazioni da utilizzare, al fine di organizzare il lavoro.
Elementi costitutivi del distacco

Dalla norma possiamo ricavare tre elementi che costituiscono il distacco:

  • interesse del datore (distaccante): da intendersi come interesse organizzativo, produttivo o commerciale, la finalità non deve essere meramente economica, salvo si tratti di aziende in crisi che possono ricorrere al distacco per evitare licenziamenti, dietro accordo sindacale.
  • temporaneità: per essere legittimo il distacco non può avere carattere di definitività, la sua durata se non determinata, deve essere in qualche modo determinabile e comunque deve durare solo finché dura l’interesse del distaccante, che può sempre revocarlo.
  • attività lavorativa determinata: non può esserci una mera messa a disposizione del lavoratore ma questo deve avere dei compiti ben precisi nel contesto lavorativo del distaccatario, utili a perseguire l’interesse del distaccante.
Interposizione illecita e sanzioni: quando mancano i requisiti del distacco

Veniamo quindi al motivo per cui non conviene avventurarsi in distacchi spregiudicati e “fai da te” ribadendo l’importanza del consulente del lavoro per definire il sottile confine con l’intermediazione illecita di manodopera. Infatti, siamo in presenza di interposizione illecita quando un soggetto, il nostro distaccante, mette a disposizione di un soggetto terzo i propri dipendenti dietro un compenso “aggiuntivo” rispetto al rimborso da parte del distaccatario dei soli costi effettivi relativi al personale in distacco sostenuti dal distaccante. In sintesi, se il distacco si fonda su un interesse di “profitto” (per il distaccante) ecco che si cade nell’interposizione illecita. Se è assente il carattere della temporaneità invece, il distacco, nei fatti, si rivela essere un rapporto di lavoro tra il distaccato e il distaccatario, quindi l’interesse del distaccante non può essere altro che economico. In caso vi sia una generica messa a disposizione del lavoratore, e dunque in assenza di una “determinata attività lavorativa” risulta difficile trovare un interesse datoriale che non sia meramente economico, dato che altrimenti avrebbe poco senso distaccare un lavoratore e privarsi della sua prestazione senza dargli uno scopo ben preciso, inoltre, l’indeterminatezza delle lavorazioni da svolgere, potrebbe nascondere una variazione di mansioni in capo al distaccato priva del necessario consenso.
Infine, una variabile da non sottovalutare è rappresentata dai lavoratori distaccati. Questi se coinvolti da un distacco irregolare possono agire in giudizio per chiedere il riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato con il distaccatario, il quale dovrà anche farsi carico delle somme spettanti ai lavoratori non ancora versate dal datore fittizio.

Ma non è finita qui!!

Recentemente (dl 19/2024), sono state riportate nella sfera del penale le sanzioni per distacco privo dei requisiti dell’art.30, comma 1, del d.lgs. 276/2003, (tutto ciò che abbiamo detto fin qui) con la modifica dell’art.18, comma 5-bis, dello stesso decreto, prevedendo che, sia l’utilizzatore sia il datore fittizio siano puniti con la pena dell’arresto fino ad un mese o con l’ammenda di euro 60 per ogni lavoratore occupato per ogni giornata di occupazione, la pena viene elevata a 18 mesi di arresto e l’ammenda aumentata fino al sestuplo nel caso vi sia sfruttamento di minori.

Conclusioni

Indubbiamente il distacco è un istituto utilissimo per perseguire le finalità e gli interessi produttivi, organizzativi e commerciali dell’azienda ma questo non deve essere impiegato a fini esclusivamente economici, che sia per risparmio o per profitto. Ribadisco che per non sbagliare e verificare che sussistano tutti i requisiti per poter ricorrere al distacco, senza incorrere in sanzioni, è sempre buona idea rivolgersi al Consulente del Lavoro di fiducia.

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