La videosorveglianza dei dipendenti nell’epoca della privacy

<< Tutti gli articoli

Cartello che segnala che è in uso la videosorveglianza

Tutelare il patrimonio aziendale, disincentivare comportamenti fraudolenti, garantire la sicurezza degli avventori nei locali, questi alcuni tra i motivi per cui un Datore di Lavoro potrebbe desiderare l’installazione di un impianto di videosorveglianza nella propria azienda.
Ma i dipendenti devono necessariamente essere informati? Quali obiezioni potrebbero avanzare? Possono opporsi? Quali zone possono essere filmate e quali no? E a che scopo? Chi può vedere le registrazioni? Ma prima di tutto, che autorizzazioni servono??
…Questi invece alcuni tra i dubbi che sorgono subito dopo!
E’ indispensabile sapere come muoversi prima del “Ciak si gira”.

“Big Brother is watching you”

Il Grande Fratello ti osserva” – Questo lo slogan che caratterizza il distopico futuro immaginato ben 73 anni fa dal genio di Orwell.
Esattamente 20 anni prima che il concetto di “internet” venisse concepito, il letterato britannico immaginò un futuro nel quale la vita di ogni cittadino viene monitorata, registrata e controllata sotto ogni aspetto, costantemente, sia a casa che al lavoro.
E noi, come dobbiamo destreggiarci con la videosorveglianza per non essere invasivi?

Come fare

La videosorveglianza sul lavoro si può o no?

L’art 4, comma 1 dello Statuto dei Lavoratori (L.300/1970) sembra addirittura comprendere le esigenze dei Datori di Lavoro!!
Pertanto con apposita autorizzazione dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro, previa informativa ai propri dipendenti, e nel rispetto di determinate modalità, è consentito installare impianti di videosorveglianza sul luogo di lavoro.

In pratica

L’autorizzazione

E’ possibile fare richiesta per mezzo di apposita modulistica Ministeriale, accompagnata da una dettagliata relazione tecnica, la quale deve descrivere ragioni e modalità attraverso le quali si intende attivare la videosorveglianza.
Il tutto va inviato all’Ispettorato e solo quando arriva l’autorizzazione è possibile iniziare a registrare.

Ma dove e cosa? E la privacy?

Oltre al rispetto delle direttive descritte nello Statuto dei Lavoratori, aggiungiamo gli adempimenti privacy contenuti nel GDPR (il Regolamento Europeo 679/2016), senza contare le svariate sentenze di Cassazione sull’argomento…ma volendo sintetizzare, in linea generale:

  1. Occorre informare della presenza delle telecamere, ad esempio con appositi cartelli
  2. L’installazione degli impianti di videosorveglianza deve garantire dignità e privacy (quindi evitiamo spogliatoi o aree troppo riservate)
  3. I dati raccolti possono essere conservati solo per periodi limitati, ad esempio entro 24 ore dalla rilevazione
  4. Le registrazioni possono essere visionate solo da personale autorizzato, quindi da un incaricato alla gestione dei dati, di cui ne è responsabile
  5. -Sono ad ogni titolo vietate le riprese ai soli fini di monitorare l’attività lavorativa in sé-

L’eccezione!

Quindi niente videosorveglianza “di nascosto”?

Dopo tutti questi discorsi su Statuto dei Lavoratori, Normativa sulla Privacy, dignità, riservatezza, eccetera, salta fuori la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), la quale in un particolare caso ha autorizzato l’installazione di un impianto di videosorveglianza in un negozio Spagnolo senza aver informato preventivamente i lavoratori.
Ma in Italia siamo sempre i più stupidi?
A quanto pare il Garante della Privacy ha giustificato questo “caso estremo” in quanto vi erano tutte le condizioni per un fondato sospetto di illecito da parte dei dipendenti, dimostrato da ripetuti ammanchi di cassa o di materiale.
E’ stata pertanto concessa questa autorizzazione per un brevissimo lasso di tempo, ed in una zona estremamente circoscritta, come unica possibile soluzione ad un problema già esistente e dimostrabile.
Rieccoci quindi a mettere sulla bilancia questioni di privacy da una parte e necessità di proteggere il patrimonio aziendale dall’altra.

Effetto “Grande Fratello”, decisamente da evitare!

Ma a noi cittadini moderni alimentati a base di privacy e tutela dei dati sensibili, quella immaginata da Orwell può sembrare solo un’esagerazione letteraria che non avrà mai luogo?
Lasciamo stare per un momento l’ambiente lavorativo… ma non viviamo comunque circondati da dispositivi “Smart”, sempre accesi e sempre connessi?
Li abbiamo in casa e li abbiamo in tasca (…e anche sul comodino a fianco del letto…), ed i nostri spostamenti, contatti, gusti, acquisti, ricerche, dialoghi, vengono registrati, ormai questo si sa, e talvolta diventano merce di scambio (-…ma questi Cookie ad esempio, da dove sono saltati fuori?-)
Se è vero, quindi, che la visione di Orwell si sta rivelando molto più veritiera di quanto sperassimo, e che addirittura siamo noi stessi ad investire denaro in questi strumenti che registrano ogni nostro passo, vero è anche che lo scopo del “Grande Fratello” è di opprimere con un controllo totale sulla vita di ogni singolo cittadino.
E’ invece fondamentale chiarire da subito la differenza evidenziando quali sono le necessità reali di un Datore di Lavoro, quali le lecite preoccupazioni nei confronti della propria impresa, quali gli scopi e soprattutto i benefici per tutti nell’attivare un sistema di controllo che non sia invasivo, che non sia pesante da sopportare sotto l’aspetto psicologico, ma anzi, che dia la consapevolezza che lavorare in un ambiente protetto giova alla sicurezza di ciascuno, lavoratori inclusi.

Condividi: 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Iscriviti
al nostro Blog!

Studio Milan si impegna a proteggere e rispettare la privacy degli utenti: le informazioni personali raccolte vengono utilizzate solo per amministrare gli account e fornire i prodotti e servizi richiesti. È possibile prendere visione dell’informativa ai sensi del Reg. EU 2016/679 cliccando qui

Articoli correlati