Doppio lavoro:
i limiti di legge che “giustificano” (si fa per dire) il Lavoro Nero

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Stretta di mano e passaggio di soldi

Il titolo è forte, ma il nostro bel paese è crogiuolo di contraddizioni. Abbiamo da una parte chi rivendica il reddito di cittadinanza (RdC), e dall’altra chi ha due o più lavori. La possibilità di avere due contratti di lavoro contemporaneamente è una questione di grande interesse per molti lavoratori, (a mio parere sono più numerosi di quelli che rivendicano il RdC) soprattutto di questi tempi con il caro vita che è schizzato alle stelle. Insomma, c’è chi non lavora e aspetta il RdC e chi vorrebbe lavorare di più per arrivare a fine mese. Tra questi due estremi c’è ancora tanto lavoro nero.

Infatti, se da un lato il decreto legislativo 104/2022 afferma che il Datore di Lavoro non può vietare al lavoratore lo svolgimento di altra attività lavorativa in orari diversi da quelli stabiliti per lo svolgimento dell’attività lavorativa concordata, dall’altro il nostro ordinamento giuridico consente in linea generale di stipulare un doppio contratto di lavoro ma con precise limitazioni ed eccezioni. (e te pareva)

 
Come funziona il doppio lavoro

La tipologia contrattuale del doppio lavoro è libera, ossia è possibile stipulare contratti di lavoro autonomo, co.co.co, prestazioni occasionali e di lavoro subordinato, ma con le dovute restrizioni.

 
Quindi è libera o ristretta??

Per me è ristretta!! Vediamo perché!

Se parliamo di lavoro subordinato, ovvero di doppio lavoro subordinato, bisogna prestare attenzione a tre limitazioni:

  1. Limiti orari: la legge italiana stabilisce che un dipendente può lavorare al massimo 48 ore a settimana, incluso il tempo per gli straordinari, con un riposo settimanale di almeno 24 ore consecutive e un riposo giornaliero di almeno 11 ore consecutive. Tutto questo naturalmente per il ripristino delle energie psicofisiche. Quindi se un lavoratore avesse un contratto full time di 40 ore potrebbe lavorare solo 8 ore con un altro contratto di lavoro subordinato. Otto ore?? Ma chi ha un secondo lavoro di 8 ore settimanali?? Per un doppio o triplo rapporto a tempo parziale la cosa si semplifica purché si rispettino le 48 ore settimanali.
  2. Non concorrenza: art. 2105 del Codice civile. “Il lavoratore non può svolgere attività che competono direttamente con la sua azienda, divulgare informazioni riservate sull’impresa o utilizzare informazioni a cui ha accesso per danneggiare l’azienda.” Ciò significa che Il dipendente ha l’obbligo di comunicazione del secondo lavoro il proprio Datore di Lavoro nel caso volesse svolgere due attività parallele. Se il secondo lavoro dovesse rientrare nell’ambito dello stesso settore potrebbe essere rischioso per il lavoratore “nascondere” il fatto poiché potrebbe entrare in conflitto con la posizione nella prima azienda rischiando anche il licenziamento per giusta causa, qualora si trovi a sfruttare consapevolmente informazioni riservate per trarre vantaggio.
  3. Incompatibilità delle attività lavorative e assenteismo: il dipendente dovrebbe sempre comunicare al Datore di Lavoro se svolge attività lavorative parallele, specialmente in situazioni potenzialmente ambigue. Inoltre, è essenziale assicurarsi di poter gestire gli impegni per le diverse aziende in modo che il secondo lavoro non si sovrapponga al primo o ne crei pregiudizio.
 
Secondo lavoro… ma da “autonomo”

In presenza di un contratto di lavoro subordinato a tempo pieno o parziale, il lavoratore può stipulare un secondo contratto:

  •  di collaborazione coordinata e continuativa, che non prevede limiti di orario
  • di prestazione occasionale, a patto che non sia nell’ambito della stessa azienda
  • come autonomo, sia a livello professionale che occasionale.

Quindi? Ho risolto il problema!

Anche no!! Se è vero che per un secondo lavoro da “autonomo” o parasubordinato non esistono i limiti di cui sopra, ( non esiste il riposo di 11 ore consecutive, e nemmeno le 24 ore di riposo alla settimana, per non parlare che della salute e sicurezza del lavoratore che non importa a nessuno e nemmeno del ripristino delle energie psicofisiche ecc..) è altrettanto vero che un attività di lavoro “autonomo” presta il fianco a potenziali sanzioni e disconoscimenti da parte dell’Ispettorato del Lavoro, della Guardia di Finanza, dell’INAIL e dell’INPS, soprattutto laddove il “secondo” lavoro viene esercitato per le classiche attività presso Pubblici Esercizi, aziende agricole, edilizia, attività commerciali o di servizi…
Un esempio su tutti: la commessa co.co.co non esiste! Così come non esiste la prestazione occasionale in edilizia, né tantomeno una P.Iva che serve ai tavoli di un ristorante. (forse il cuoco sì!!)
Naturalmente il rischio in questo caso è del “Datore” di lavoro e non del prestatore.

 
…Ecco perché…

A parere mio, e qui mi gioco la reputazione, ritengo che i limiti sul doppio lavoro “regolare” che ho appena elencato, costringano da una parte i lavoratori che hanno voglia di lavorare e bisogno di soldi a svolgere dei lavori a nero, e dall’altra i Datori di Lavoro a fare gli “gnorri” se qualcuno dei propri dipendenti ha altre occupazioni subordinate, oppure a correre il rischio di avviarli con prestazioni autonome.

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