Il Patto di Prova e il Consulente: Una Storia di Precisione Contrattuale

Blog_Patto di prova_tamm
Te lo dico a modo mio!

 

Nel cuore di una cooperativa sociale del Basso Polesine, il signor Ernesto Baldoni, presidente e datore di lavoro attento ma oberato da mille adempimenti, si trovava ad affrontare una questione delicata. Aveva assunto da pochi mesi una nuova dipendente, la signora Laura, con un contratto a tempo indeterminato per mansioni di contact center e back office.

 

Laura, dopo alcune settimane, non aveva superato il periodo di prova. La cooperativa, ritenendo che le sue competenze non fossero in linea con le esigenze operative, aveva deciso di interrompere il rapporto. Tuttavia, la lavoratrice aveva impugnato il licenziamento, sostenendo che il patto di prova fosse nullo per genericità: secondo lei, le mansioni indicate nel contratto non corrispondevano al profilo C1 del CCNL delle cooperative sociali, rendendo il patto privo di validità.

 

A questo punto entra in scena il dottor Mark Velluti, consulente del lavoro della cooperativa. Era stato proprio lui, mesi prima, a redigere il contratto individuale di Laura. Con esperienza e rigore, Mark aveva inserito con cura tutti i riferimenti necessari: le mansioni specifiche di contact center e back office e il richiamo puntuale al profilo C1 del contratto collettivo nazionale, ovvero “operatore tecnico dell’assistenza”.

 

Mark spiegò al datore di lavoro che, secondo la giurisprudenza consolidata, un patto di prova è valido solo se le mansioni oggetto della prova sono indicate in modo specifico. Il rinvio al contratto collettivo è ammesso, ma deve essere preciso fino all’individuazione del profilo professionale, non limitandosi alla categoria generale.


Il caso arrivò fino alla Corte di cassazione, che con l’ordinanza n. 15326 del 9 giugno 2025 confermò la correttezza dell’operato della cooperativa. La Corte ribadì che il patto di prova era valido, poiché il contratto individuale conteneva sia la descrizione delle mansioni sia il richiamo puntuale al profilo C1 del CCNL. Un semplice riferimento alla “categoria C” sarebbe stato troppo generico, ma in questo caso la specificità era stata rispettata.


Grazie alla consulenza del lavoro del dottor Velluti, la cooperativa aveva agito nel rispetto delle norme e la legittimità del licenziamento fu confermata. Laura, pur delusa, comprese che la questione non era stata gestita con superficialità, ma secondo criteri giuridici ben fondati.

 

Morale della storia

Un contratto ben scritto è il primo strumento di tutela per tutte le parti coinvolte.
Il consulente del lavoro non è solo un tecnico delle norme, ma un architetto delle relazioni professionali. La sua attenzione ai dettagli può fare la differenza tra un contenzioso e una gestione corretta e serena del rapporto di lavoro.

Condividi: 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Iscriviti
al nostro Blog!

Studio Milan si impegna a proteggere e rispettare la privacy degli utenti: le informazioni personali raccolte vengono utilizzate solo per amministrare gli account e fornire i prodotti e servizi richiesti. È possibile prendere visione dell’informativa ai sensi del Reg. EU 2016/679 cliccando qui

Articoli correlati

POV del CdL

Permessi, Passeggiate e Legge 104

Te lo dico a modo mio In un tranquillo studio di consulenza di Rovigo, il Consulente del Lavoro Dott. Arturo Statutini era alle prese con una questione spinosa. Il suo cliente, il Datore di Lavoro

Leggi di più