Solo nei primi mesi del 2023 molti imprenditori si sono accorti di un incremento di costi legati alla gestione in azienda del TFR. Nel 2022 infatti l’indice ISTAT per la rivalutazione del TFR accantonato ha avuto un picco all’9,97%. Questo è stato uno degli incrementi più significativi degli ultimi decenni. Tradotto significa che se ho accumulato un TFR per 100.000 euro la rivalutazione ISTAT del 2022 mi ha generato un costo pari a 9.970 euro in più! L’allarme 2022 è rientrato poi nel 2023 e 2024, ma la tendenza per quest’anno non sembra così rosea: ad oggi la rivalutazione è di quasi 2 punti percentuali più alta rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
Parlando sempre di costi, la gestione del TFR in azienda comporta anche degli altri oneri economici aggiuntivi per il Datore di Lavoro, come ad esempio uno 0,28% di così detti “oneri impropri” che vengono calcolati sulla RAL dei lavoratori e versati all’INPS. Ancora, ad esempio, abbiamo un ulteriore contributo pari allo 0,20% destinato sempre all’INPS per alimentare il “fondo di garanzia” che viene sempre calcolato sulla retribuzione imponibile del lavoratore.
Sembrano percentuali ininfluenti ma se immaginiamo una Retribuzione Annua Lorda di un nostro dipendente pari a 25.000 l’incidenza delle due % pesa per 120 all’anno.
Schematizzando quanto detto sopra, volendo seguire l’esempio di un lavoratore con una RAL di 25.000 euro ed un’anzianità di 5 anni; quindi, con un TFR accantonato di 9.000 €, (ISTAT al 31/12/2024 – 2.32%) i costi per la gestione del TFR saranno i seguenti:
FONDO DI GARANZIA | ONERI IMPROPRI | RIVALUTAZIONE TFR | TOTALE |
---|---|---|---|
0,20% | 0,28% | 1,5+ (75% ISTAT) | |
50 € | 70 € | 208 € | 328 € |
Fin qui abbiamo parlato solo di costi “fissi” che si potrebbero risparmiare se solo decidessimo di cominciare a gestire il TFR. Ma non abbiamo ancora parlato dei vantaggi per il DL, posto che il risparmio è di per sé un vantaggio.
Cosa vuol dire gestione del TFR?
Per gestione del TFR significa “sensibilizzare” i propri collaboratori dipendenti a valutare la possibilità di destinare il TFR maturando, ma anche quello maturato, ad un FONDO DI PREVIDENZA COMPLEMENTARE.
Destinare il TFR alla previdenza complementare può avere un impatto positivo e significativo sulle relazioni tra datore di lavoro e dipendenti, in particolare se il Datore di Lavoro contribuisce con dei versamenti aggiuntivi rispetto al TFR.
Attenzione!
Se avete letto le poche righe sopra avrete capito che destinare il TFR ad una previdenza integrativa significa risparmiare dei costi. Se parte di quel risparmio lo si destinasse ad alimentare un fondo di previdenza complementare a cui aderisce il vostro lavoratore, le ricadute sarebbero sicuramente vantaggiose per entrambi.
Infatti, un datore di lavoro che si impegna attivamente, si coinvolge e mostra sensibilità verso il futuro finanziario dei propri dipendenti è apprezzato, stimato e ben considerato, e questo può aumentare e contribuire alla loro fedeltà in azienda. Sì, perché destinare il TFR ad una previdenza complementare, con anche il contributo aggiuntivo del datore di lavoro, significa offrire ai propri collaboratori la possibilità di costruirsi un fondo pensione più robusto, quindi dare loro maggiore sicurezza finanziaria per il futuro. Farsi parte attiva nella destinazione del TFR alla previdenza complementare contribuisce sicuramente a migliorare l’immagine dell’azienda, rendendola più attraente per potenziali nuovi talenti. Un’azienda che si preoccupa del benessere dei propri dipendenti è spesso vista in modo più positivo nel mercato del lavoro.
Concludendo…
Per approfondire maggiormente il tema trattato, e capire con numeri alla mano i vantaggi economici per il Datore di lavoro nella gestione del TFR ma anche le modalità tecniche e pratiche per gestire in modo collettivo la destinazione del TFR alla previdenza complementare dei tuoi dipendenti, e riflettere sulle conseguenze positive di immagine, di serietà ed esclusività che ne possono derivare, contattami subito perché mai come in questo caso il “tempo è denaro”!