Pensioni: Coefficienti di trasformazione… ma cosa sono?

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Mano che sorregge un simbolo di percentuale

Si sa, la pensione è determinata sulla base di diversi fattori tra i quali:

  • Anzianità lavorativa
  • Età
  • Settimane lavorate
  • Riscatti
  • Contribuzione versata
  • Sistema di calcolo in cui mi trovo…

e tanti altri ancora.

Ma c’è un elemento, di cui non si parla mai, utile ai fini del calcolo dell’assegno e non legato ai requisiti di contribuzione ed anagrafici.

Stiamo parlando dei coefficienti di trasformazione.

Capiamo allora insieme: cosa sono, a cosa servono e perché sono così importati per il calcolo.

 

Ma andiamo con ordine…

La prima cosa da sapere è che la pensione potrà essere più alta, tanto più il soggetto si reca tardi in pensione. E, allo stesso modo, vale il discorso contrario.

Infatti, nel caso di uscita anticipata, avremo:

  • Pochi contributi versati
  • Un coefficiente di trasformazione applicato più basso, tanto più l’età sarà anticipata al momento della pensione
 
L’applicazione dei coefficienti

Come stabilito dal sistema di calcolo contributivo (Legge Dini n° 335 del 1995), i coefficienti vanno applicati al montante contributivo, ovvero l’importo dei contributi maturati sino a quel momento comprensivi di rivalutazione. Detti coefficienti, però, variano al variare dell’età anagrafica che il lavoratore ha maturato al momento della pensione.

Altra cosa da ricordare è che il coefficiente da applicare sarà aggiornato periodicamente in base all’adeguamento della speranza di vita.

Detti coefficienti si applicano, ovviamente, a tutti coloro che al 31/12/1995 non sono in possesso di alcuna contribuzione. Ma non solo. Infatti, la stessa modalità di calcolo potrà essere applicata anche in altre situazioni, vedasi ad esempio coloro che esercitano l’opzione per ricalcolo della pensione con il sistema contributivo.

I valori aggiornati dal Ministero del Lavoro, applicabili a decorrere dal 2023, vanno da una percentuale minima del 4,27%, per chi accetta di andare in pensione con una età di 57 anni, per arrivare sino al 6,66%, per chi accetta di andare in pensione con una età di 71 anni.

Da sottolineare che, i suddetti coefficienti, sono aggiornati ogni biennio da parte del Ministero del lavoro tramite le rilevazioni Istat relative all’adeguamento delle aspettative di vita. L’ultimo aggiornamento, che ha determinato i valori 2023-2024, ha individuato, tra l’altro, coefficienti più favorevoli rispetto a quelli in vigore sino al 31/12/2022 (biennio 2021-2022).

 
L’incidenza, in soldoni

Ovviamente, come sopra detto, l’incidenza dei coefficienti di trasformazione, sarà determinata solo sulla parte di pensione che si basa sul sistema contributivo.

In pratica se ad esempio al lavoratore viene applicato esclusivamente il calcolo con il sistema contributivo, e ad oggi ha accantonato un montante pari a 100.000,00 euro, potremo avere queste situazioni:

  • Con 57 anni d’età, il soggetto in questione avrebbe diritto ad una pensione lorda mensile di euro 328,00 circa;
  • Con 71 anni d’età, il soggetto in questione avrebbe diritto ad una pensione lorda mensile di euro 492,00 circa.

Differenza abbastanza importante se consideriamo un montante contributivo così basso.

 
In conclusione

Come si è visto gli importi variano con l’aumentare dell’età. Ciò non vuol dire che bisogna andare in pensione con il massimo dell’età per sfruttare il coefficiente più alto, ma è opportuno invece verificare la propria situazione contributiva per effettuare scelte concrete che consentano di massimizzare la propria posizione ai fini della Pensione.

È evidente che, una Consulenza Previdenziale dedicata, potrà essere in grado di determinare gl’importi spettanti alle varie scadenze, consentendo al futuro pensionato di valutare serenamente l’opportunità più congegnale da cogliere.

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