Settimana corta: una genialata o una cavolata??

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Mano che cambia il numero 5 con 4 sulla scritta day week

Solo per essere chiari: non è un idea italiana, ne tantomeno una proposta politica… Noi non centriamo nulla, almeno per questa volta.

Stiamo parlando di lavorare meno per “lavorare meglio” e non “lavorare tutti”. Il tema è quello di distribuire l’orario di lavoro settimanale su quattro giorni e non più sui tradizionali cinque giorni alla settimana, senza modificare lo stipendio, naturalmente!! Si tratta di una flessibilità organizzativa del lavoro; una sorta di evoluzione, lasciatemelo dire, dello smart working. La pandemia ha cambiato per sempre i ritmi lavorativi e la percezione stessa del lavoro. I lunghi periodi di lockdown lavorando da casa hanno dimostrato che è possibile essere produttivi e creativi in situazioni difficili e hanno portato a un ripensamento della struttura del lavoro. Milioni di lavoratori in tutto il mondo stanno godendo di ambienti e modalità di lavoro più flessibili e il paradigma che da casa non si lavora o si lavori meno è stato in gran parte stravolto.
Ma torniamo alla settimana corta. Si tratta di una pratica che si sta’ diffondendo molto negli ulti anni, strettamente legata al benessere psicofisico dei lavoratori che, ottenendo maggiore tempo libero, spesso mostrano una maggiore dedizione al lavoro svolto.

La questione però è un po’ diversa dallo smart working, perché qui entra in gioco il retaggio di una cultura della gestione del lavoro che si basa sul “contributo” lavorativo del collaboratore in termini di tempo, ovvero di un numero “minimo” di ore da dedicare nell’ambito dell’organizzazione dell’azienda. La domanda è questa: che differenza fa lavorare 40 ore alla settimana su 5 giorni anziché su 4? O ancora: sei in grado di mantenere lo stesso livello di produttività su 4 giorni anziché su 5 a parità di ore lavorate?
Questa è la sfida di un progetto pilota che è stato avviato in Gran Bretagna il 6 giungo scorso su 3.300 lavoratori di diverse aziende che hanno aderito, organizzato dal thinktank Autonomy e dalla Ong 4 Day Week Global. Il progetto durerà sei mesi e sarà monitorato dagli esperti delle Università di Oxford e Cambridge e dal Boston College negli Stati Uniti.
I lavoratori in cambio della medesima produttività lavoreranno su 4 giorni alla settimana e saranno monitorati per verificare l’impatto dei nuovi ritmi di lavoro sulla salute e sulla qualità di vita ma anche sulla produttività ovviamente. In Europa non è solo la Gran Bretagna a sperimentare la settimana corta anche Finlandia, Scozia e Islanda. In questi paesi, infatti, i Governi stanno stanziando fondi e incoraggiando le aziende con incentivi.

E in Italia questo è possibile?

Sempre più imprese si rendono conto che un lavoro a orario ridotto ma concentrato sugli obiettivi da raggiungere è il modo migliore per avere un “vantaggio competitivo”. Ancora una volta l’esempio proviene dallo SW (smart working), il così detto lavoro agile o intelligente, dove si è passati dalla misurazione del tempo alla misurazione della produttività. Lo stesso lavoro agile infatti definisce il lavoro per “fasi” o “cicli” e per “obiettivi” sganciandosi dal tradizionale concetto di “tempo”. La nostra normativa in tema di orario di lavoro definisce l’orario di lavoro come quel periodo in cui il lavoratore è a disposizione del Datore di Lavoro per lo svolgimento delle sue attività e funzioni. Il limite di legge è quindi il rispetto di un orario di lavoro settimanale contenuto entro il limite delle 40 ore senza alcun specifico riferimento a 5 giorni alla settimana. Solo la contrattazione collettiva declina in termini di 5 o 6 giorni di lavoro alla settimana, privilegiando di fatto un minor lavoro giornaliero ma protratto per più tempo.
Tralasciamo gli aspetti positivi che sarebbero molti: dal minor inquinamento, alla maggiore flessibilità, al miglior benessere mentale del lavoratore fino al punto di garantire posti di lavoro più equi e inclusivi, la settimana lavorativa “corta” o “compressa” può essere difficile da attuare perché di contro richiede la giusta mentalità, la giusta tecnologia e una cultura lavorativa adatta a poter funzionare. Non tutti i settori possono adottarla. Alcune aziende o settori richiedono una presenza 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e a patto di organizzare degli specifici turni a rotazione, avvicendati, dimenticandosi dei sabati e delle domeniche, dei giorni festivi, risulterebbe molto difficile da attuare.
Tuttavia, per concludere, a mio parere in Italia il problema sono sempre i salari. Troppo bassi e a volte, anzi molto spesso, costringono i lavoratori a svolgere il c.d. “doppio e a volte triplo lavoro”. Pertanto la riduzione della settimana lavorativa darebbe un ulteriore slancio per occupare quelle ore con altra fonte di guadagno.

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