Taglio del cuneo fiscale: una bufala!

<< Tutti gli articoli

Forbice che taglia la scritta tax

La Camera ha approvato il disegno di legge di delega per la revisione del sistema fiscale, da attuarsi per il tramite di uno o più decreti legislativi, che ora passa all’esame del Senato. Un tema centralissimo e fortemente dibattuto di riduzione del costo del lavoro che passa attraverso una rimodulazione dell’Irpef e una riduzione dei contributi previdenziali.


Parliamo naturalmente del così detto cuneo fiscale e contributivo. In pratica è la differenza tra lo stipendio netto in busta paga e il costo sostenuto dall’azienda che comprende imposte e contributi pagati da lavoratori e imprese, così come anche i cosiddetti “istituti contrattuali” che gravano sul costo del lavoro.

In soldoni cosa significa oggi cuneo fiscale??

Fatto 100 euro la retribuzione lorda che prende in busta il lavoratore, circa il 9,2% lo paga di contributi pensionistici, sulla differenza, circa un 15% è di Irpef, con deduzioni e detrazioni medie, gli restano in tasca circa 77,18 euro. Mentre per il Datore di Lavoro il costo sui 100 euro di retribuzione lorda è di circa 130 euro per via dei contributi previdenziali, circa 23,8% per le prestazioni temporanee all’Inps (malattia, maternità, disoccupazione, e così via) e all’Inail per l’assicurazione contro gli infortuni. La differenza tra netto e costo azienda è pari a 1,68 volte (130 su 77,18).
Ma non è finita qui, poiché il differenziale tra il netto in busta e il costo azienda arriva a sfiorare 2,2 volte. Infatti su ogni ora lavorata bisogna caricare il costo di altri istituti di cui beneficiano i lavoratori, come ad esempio la tredicesima (o la quattordicesima per alcuni contratti), ma ancora il premio di risultato previsto da alcuni contratti territoriali o aziendali, il TFR, le ferie e le festività (che contano tra 21 e 27 giorni lavorativi). A questi poi vanno aggiunti i costi per l’adesione al fondo di assistenza sanitaria integrativa (che ormai quasi tutti i CCNL prevedono) per non parlare dei vari fondi pensione.

Ma allora cosa tagliamo?? La tredicesima?? Le ferie?? Il premio di risultato? Abbassiamo i contributi?? Tagliamo l’Irpef? Ma nessuno pensa ai servizi? Alla sanità? Alla scuola? Alle pensioni?? Siamo disposti a percepire una pensione più bassa? Il problema sta tutto qui. Non si possono ridurre le prestazioni sociali, la pensione a meno di fare ancora più debito pubblico di quanto ne sia stato fatto in questi ultimi 20 anni.
Proporre la riduzione del costo del lavoro semplicisticamente con la riduzione dell’Irpef o dei contributi è velleitario e occorre sempre domandarsi poi: chi paga?!
Infatti con un debito pubblico così elevato, ogni riduzione del cuneo fiscale porterà inevitabilmente ad una riduzione dei servizi garantiti dallo stato sociale. Si comincerà, e in alcuni casi sta già succedendo, con una progressiva privatizzazione. Tanto a pagare il conto non saranno le imprese, ma le casse pubbliche oppure i lavoratori stessi, che dovranno pagare dei servizi sanitari, scolastici, sociali prima gratuiti.
A poco servono i 200 euro “una tantum” che adesso verranno erogati ai lavoratori dipendenti (anche se non a tutti) come “aiuto di stato”. E’ il classico contentino che non soddisfa la platea dei contribuenti, e se risolve il problema è solo per poco… Perché sul tavolo dei bottoni, di chi comanda, non si decide di svecchiare veramente l’organizzazione del lavoro e incrementare la produttività che sono le uniche possibilità di migliorare i salari e ridurre il costo del lavoro. Trovo sensato, ed è solo un personale sfogo, aumentare il plafond di deducibilità unico per le famiglie, al posto dell’assegno unico e universale familiare che ci ha fatto impazzire da marzo di quest’anno. Ma allora perché non migliorare semplicemente il welfare aziendale, introdurre buoni di trasporto esenti da tassazione, aumentare le soglie fiscalmente esenti del buono pasto. Solo queste tre “mosse” consentirebbero incrementi significativi del salario. Qualcosa è stato pensato con il “buono carburante” ma come si fa, dico io, a non renderlo fruibile per tutti i lavoratori in modo strutturale. E’ tutto un mordi e fuggi. Non si consolida niente ed è per questo che sempre di più aziende e lavoratori sono insoddisfatti e alla ricerca del “buono perduto”!!
Vabbè, stiamo a vedere ancora un volta cosa succederà…

Condividi: 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Iscriviti
al nostro Blog!

Studio Milan si impegna a proteggere e rispettare la privacy degli utenti: le informazioni personali raccolte vengono utilizzate solo per amministrare gli account e fornire i prodotti e servizi richiesti. È possibile prendere visione dell’informativa ai sensi del Reg. EU 2016/679 cliccando qui

Articoli correlati