Tre cose importanti da sapere sul nuovo Decreto Lavoro (Decreto Calderone)

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lente di ingrandimento sulla scritta Job

Fra le varie misure introdotte dal Decreto Lavoro (Dl 48/2023, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale 103 del 4 maggio e in vigore dal 5 maggio) quelle che sicuramente destano forte interesse per le imprese sono:

  • la riforma delle causali in presenza delle quali il contratto a tempo determinato può avere durata superiore a 12 mesi
  • riduzione del “cuneo fiscale”
  • incremento della soglia dei fringe benefit a 3.000 euro
 
Fringe benefit

Come l’anno scorso, a novembre con il Decreto “quater”, abbiamo avuto l’elevazione della soglia dei Fringe Benefit (FB) a 3.000,00 euro così anche quest’anno con il Decreto in commento la soglia del “welfare aziendale” ha fissato il limite di esenzione fiscale e contributivo a 3.000,00 euro… Ma con una sostanziale differenza rispetto all’altra volta: il limite riguarda solo ed esclusivamente i lavoratori con figli a carico (compresi i figli nati fuori dal matrimonio purché riconosciuti).

Secondo la nuova previsione, per il solo periodo d’imposta 2023, NON concorrono a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti con figli a carico, nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi dai Datori di Lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale entro il limite complessivo di 3.000,00 euro.

Quindi in estrema sintesi (SOLO per i lavoratori con filgi a carico):

  • ok per buoni spesa, gif card, schede carburanti per un valore massimo di 3.000 euro
  • ok per il rimborso di utenze (acqua, luce e gas) sempre per un valore massimo di 3.000 euro e a fronte di esibizione di idonea documentazione comprovante il pagamento

P.S.: considerando che ad oggi con la riforma dell’assegno unico erogato direttamente dall’INPS il Datore di Lavoro non ha una situazione aggiornata dello stato di famiglia del proprio collaboratore/lavoratore, per riconoscere eventuali beni o servizi nel limite dei 3.000,00 il lavoratore dovrà presentare al DL un’autocertificazione che dichiari i figli a carico con relativo codice fiscale.

 
E per gli altri lavoratori, ovvero per chi non ha figli a carico??

Ad oggi rimane confermata la previsione dell’art. 1 del Dl 5/2023 che affianca all’esenzione contributiva e fiscale prevista dall’art. 51 comma 3 del TUIR di 258,00 euro ulteriori 200,00 euro “spendibili”, o meglio erogabili, al lavoratore solo sotto forma di buoni benzina per un plafond complessivo per lavoratore di 458,00 euro per l’anno 2023.

In sintesi (per chi NON ha figli a carico):

  • ok per buoni spesa, gif card, schede carburanti per un valore di 258,00 euro (art. 51 c. 3 – TUIR)
  • ok per tessere carburanti c.d. “buono benzina” per 200,00 euro (art. 1 Dl 5/2023)
  • totale 458,00 euro!!

Resta inteso che non esiste nessun obbligo da parte del DL di erogare beni e servizi, come più volte ribadito in analoghe situazioni.

 

Taglio del “cuneo fiscale”

Nel Decreto-legge si parla di riduzione del “cuneo fiscale”. Ma di fiscale non c’è nessun taglio anzi, come vedremo dopo, aumentano le imposte a carico del lavoratore.

Ad ogni modo una riduzione importante c’è e riguarda la percentuale di contribuzione previdenziale a carico dei lavoratori.

Il decreto innalza, in misura pari al 4 %, l’esonero parziale sulla quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico dei lavoratori dipendenti per i periodi di paga che vanno da luglio a dicembre 2023 (con esclusione della tredicesima mensilità). L’esenzione aumenta fino al 7 per cento se la retribuzione imponibile non eccede l’importo mensile di 1.923,00 euro.

 

A conti fatti…

Poniamo uno stipendio mensile di € 1.500 lordi. Il lavoratore fruirà di una riduzione di 7 punti percentuali (3 già previsti + 4 del nuovo DL):

  • 1500 x 6,19% = 1.407 (imp. Fiscale) riduzione del 3% attuale
  • 1500 x 2,19% = 1.467 (imp. Fiscale) riduzione aggiuntiva di 4 punti percentuali (€ 60 risparmio)

N.B.: si noterà come l’imponibile fiscale sia più alto, ovvero la base di calcolo su cui conteggiare l’Irpef per effetto di una minore contribuzione risulterà maggiore rispetto alla situazione odierna. Ciò come a dire che meno contributi più Irpef; infatti 1407 x 23% = 323 (Irpef lorda “attuale”) contro 1467 x 23% = 337 (nuova Irpef) per un differenziale di 14 € a debito del lavoratore.

Tuttavia, possiamo concludere che l’incremento di 4 punti percentuali, al netto della maggior Irpef (altro che riduzione del cuneo…) darà sempre un risultato positivo a favore del lavoratore che, “forse”, potrebbe trovarsi con qualche centesimo in meno di pensione…

 

“Nuova” disciplina delle causali nei contratti a termine

Non una vera e propria novità, ma piuttosto una sorta di ritorno al passato, ossia alle vecchie causali previste dal Dlgs 368/2001 rimasto in vigore fino al 2015 con il Jobs Act.

La “vecchia novità” riguarda l’apposizione di un termine di durata superiore a 12 mesi per i contratti a termine, termine comunque non superiore a 24 mesi, “a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo” e, quindi, a fronte di causali del tutto analoghe a quelle previste dal vecchio D.lgs. 368/2001.

Rimangono tuttavia confermate alcune causali già previste dall’attuale normativa in materia (articolo 19 del Dlgs 81/2015), ovvero quelle di sostituzione di altri lavoratori e quelle connesse alle esigenze previste dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro Rsa o dalla Rsu.

Per il momento l’introduzione di causali tecniche produttive ed organizzative individuate dalle parti nel contratto di lavoro, rimangono in vigore solo fino al 30 aprile del 2024, e comunque risulteranno sussidiarie fra le causali previste dalla contrattazione collettiva (restiamo in attesa di dell’inserimento delle causali nei prossimi rinnovi contrattuali).

 
Ma… Attenzione!!

Le nuove causali apponibili al contratto di lavoro a termine, se da un lato introducono maggiore flessibilità nel procrastinare il contratto a termine oltre i 12 mesi, dall’altro non precludono al lavoratore la possibilità di metterle successivamente in discussione, ricorrendone le condizioni.

Si consiglia infatti, memore del contenzioso passato, quando erano in vigore le disposizioni del vecchio D.L 368/2001 di indicare in modo analitico la descrizione delle ragioni di natura organizzativa, produttiva o tecnica specificando dettagliatamente le informazioni idonee a provare la temporanea e concreta esigenza lavorativa e la sua connessione con il rapporto di lavoro a tempo determinato. Non saranno sufficienti le generiche frasi:” per esigenze tecniche” oppure “organizzative” o ancora “produttive”, una responsabilità questa che il Datore di Lavoro non deve assolutamente sottovalutare.

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