La flessibilità dell’orario di lavoro ha solo vantaggi!

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orologio nello sfondo in primo piano busto di una persona che lavora alla scrivania

Le Aziende sono sempre più attente ad aumentare la fidelizzazione dei propri dipendenti, a conciliare la loro vita lavorativa e familiare, a diminuire i conflitti interni, a ridurre l’assenteismo e allo stesso tempo migliorare anche l’immagine della stessa e diventare anche “attraente” nel reclutamento di lavoratori.

Uno strumento facile e disponibile in varie “forme” riguarda la gestione dell’ORARIO DI LAVORO.

Quando parliamo di “orario di lavoro” con riguardo ai lavoratori dipendenti consideriamo non solo il tempo della prestazione effettiva, ma anche quello relativo alla disponibilità del lavoratore nell’ambito della sfera tecnico-organizzativa del datore di lavoro sul luogo di lavoro.

Abbiamo quindi un obbligo ed un interesse reciproco, tra azienda e lavoratore che, se ben conciliato, può generare vantaggi all’uno e all’altro non solo in termini di soddisfacimento di esigenze personali del lavoratore ma anche produttive dell’azienda.

Esistono come varie forme di “gestione” dell’orario di lavoro come ad esempio:

  • Flessibilità in ingresso e in uscita
  • Flessibilità individuale
  • Flessibilità nella pausa pranzo
  • Fasce di compresenza

Non vi è dubbio che la flessibilità dell’orario rappresenta una delle più facili modalità di gestione dell’orario che permette di conciliare fin da subito le esigenze personali del dipendente, e sul fronte opposto, in un’ottica di flessibilità operativa, anche una riduzione dei costi per l’azienda.

L’obiettivo è articolare al meglio i tempi di lavoro ovvero modificare la quantità di ore tra giornaliere, settimanali e mensili, sempre secondo le regole contenute nei vari i Contratti collettivi nazionali di lavoro, ma anche in forza di accordi individuali o plurimi con i propri collaboratori.

Basta veramente poco. Con la flessibilità in ingresso e in uscita, ad esempio, il lavoratore dispone di fasce temporali di flessibilità per l’inizio e per il termine dell’attività giornaliera: le fasce orarie sono normalmente pari 15/30 minuti, ma a volte anche un’ora.

Ad esempio, se l’orario giornaliero prevede l’ingresso alle 8 e l’uscita alle 14 e la flessibilità individuale è pari a mezz’ora, il dipendente può entrare dalle 7,30 alle 8,30, e uscire dalle 13,30 alle 14,30. Sono regole che vengono condivise anche individualmente e non necessariamente devono essere imposte. Un regime di flessibilità può essere adottato dall’azienda e messo a disposizione dei propri collaboratori, senza che siano per questo obbligati a adottarlo. Diciamo che abbiamo ampio margine di manovra.

L’eventuale debito orario del lavoratore deve essere compensato entro uno specifico periodo massimo, normalmente pari a un mese. Ma potrebbe essere anche stabilito nella stessa giornata, nella settimana. Va solo definito.

La flessibilità in entrata ed in uscita può essere fruita anche per la pausa pranzo, o per l’orario spezzato in genere: in parole semplici, il lavoratore può gestire in autonomia la pausa pranzo, lavorando durante la sospensione giornaliera per la consumazione dei pasti.
Il tutto poi può essere integrato con un orario di compresenza, cioè delle specifiche fasce orarie in cui i dipendenti sono obbligati ad essere presenti in azienda. Nel rispetto di queste fasce orarie e del monte ore giornaliero, il dipendente può stabilire autonomamente l’orario di ingresso e di uscita.
Gli accordi collettivi, ma anche individuali in particolare, possono prevedere una fascia di compresenza obbligatoria solo in una parte della giornata, o più fasce obbligatorie di compresenza.

Ma quali i reali vantaggi per l’azienda?

Possono essere evidenti fin da subito se riusciamo ad intercettare la soddisfazione dei collaboratori nella libera organizzazione del loro tempo, ma talvolta i vantaggi possono essere decisamente meno palesi, del lavoro flessibile per il datore di lavoro:

  • aumento della produttività: innumerevoli casi studio dimostrano come il lavoratore flessibile, avendo una qualità di vita migliore, sia significativamente più produttivo;
  • maggior controllo nella pianificazione dei turni di lavoro
  • la concessione, ad esempio dello smart-working, abbinato alla flessibilità d’ingresso e di uscita, può anche essere offerta come benefit a coloro che raggiungono determinati livelli di produttività, andando così a costituire un efficacissimo incentivo;
  • le forme di orario flessibili comportano diminuzione del turnover tra i dipendenti in quanto più appagati e fidelizzati all’azienda;
  • diminuzione dei costi fissi per il mantenimento degli spazi di lavoro condivisi; – pensiamo alla Smart working che di fatto rappresenta una forma evoluta di orario flessibile – un giorno alla settimana di SW e flessibilità in ingresso ed in uscita per gli altri.
  • calo drastico di ritardi e assenteismo;
  • azienda da un’immagine di luogo di lavoro adatto alle famiglie diventando allo stesso tempo anche attrattiva nei confronti di risorse a volte difficili da reclutare, (talent attraction and retention) Insomma l’azienda come un luogo dove è bello lavorare.

Nel prossimo articolo parlerò di altre modalità di gestione dell’orario, utili per l’azienda nell’ambito di una maggiore efficientazione della produzione, ottimizzazione delle risorse, dei costi. Parleremo ad esempio dell’orario multi periodale, della banca ore, del part-time verticale multi periodale anche su base annua, del lavoro ripartito, del contratto a chiamata.

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