La flessibilità che non ti aspetti:
part time multi-periodale e lavoro ripartito

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uomo che tiene in mano una sveglia con un post-it attaccato sopra con la scritta part time

Concludiamo la disamina delle opportunità concesse dalla normativa vigente sulla gestione flessibile dell’orario di lavoro. Nello specifico trattiamo una tipologia di contratto, il part-time, nella sua variante più estrema e per questo poco conosciuta. Tuttavia, le potenzialità di questa variante sono tantissime con la possibilità di “cucire” addosso al lavoratore un’articolazione dell’orario che risponda a reciproche esigenze organizzative.

Facciamo un piccolo passo indietro e focalizziamoci sulla possibilità di un lavoratore sia a tempo determinato che indeterminato di rendere la propria prestazione ad orario ridotto o a tempo parziale. La riduzione dell’orario di lavoro nel contratto part-time può essere:

  • orizzontale, se la prestazione è resa tutti i giorni e per un orario inferiore rispetto all’orario normale giornaliero
  • verticale, se la prestazione è resa a tempo pieno ma solo per alcuni giorni della settimana, del mese o dell’anno
  • di tipo misto, che combina il part-time orizzontale e il part-time verticale

Oltre ai tre regimi di orario sopra individuati, che sono i più diffusi, abbiamo anche il così detto: Part time ciclico verticale multi-periodale.

 

Il part time ciclico verticale, definibile anche come orario multi-periodale, si distingue dagli altri contratti di lavoro a tempo parziale verticale, per il fatto che l’orario di lavoro dei dipendenti è articolato su base annua anziché su base settimanale.


Che cosa significa?

In altre parole, le lavoratrici e i lavoratori, pur se assunti a tempo indeterminato, prestano attività soltanto in alcuni mesi dell’anno a seconda delle esigenze dei datori di lavoro, mentre nei restanti periodi rimangono inattivi, o tutt’al più con un orario inferiore, anche se il loro contratto di lavoro rimane ancora in essere a tempo indeterminato o determinato.
Ad esempio, un lavoratore potrebbe lavorare a tempo pieno da novembre a marzo, non lavorare aprile e maggio e riprendere a lavorare a tempo pieno da giungo a settembre, per poi ritornare a non lavorare nel mese di ottobre. Nell’arco dell’anno, non importa se anno civile (gennaio/dicembre) o mobile, il lavoratore risulta a part-time: ciclico (mesi alternati e ciclici) verticale (su base annua) multi-periodale (più periodi di lavoro alternati con altri di non lavoro). Tale particolare tipologia contrattuale è utilizzata con una certa frequenza, ad esempio, dalle società appaltatrici operanti nel settore della ristorazione scolastica, per evitare di retribuire i mesi estivi durante i quali il servizio mensa è temporaneamente sospeso, e così risparmiare sul costo del lavoro, oppure nell’ambito del settore turistico, dove si alternano periodi di alta stagione a periodi di bassa stagione.
Nei mesi di inattività, il lavoratore è libero di rioccuparsi in altri ambiti lavorativi. I vantaggi sono indubbiamente per l’azienda che riesce a programmare i picchi di lavoro, ma anche del lavoratore che ha la certezza e la visione dei tempi di lavoro potendo programmare la propria vita personale contando sulla stabilità e la sicurezza di un rapporto di lavoro.


Il lavoro ripartito conosciuto anche come Job Sharing

Quando si parla di lavoro “condiviso”, oppure ripartito o ancora di job sharing, mi viene in mente il film “Una Poltrona per due” del 1983 di John Landis, interpretato da Dan Aykroyd, Eddie Murphy e Jamie Lee Curtis. Ma lasciamo perdere…
Di fatto si tratta di una modalità di lavoro molto vicina al part-time ciclico che abbiamo appena visto, con la peculiarità di essere condiviso con un’altra persona.
Il lavoro ripartito o Job Sharing è uno speciale contratto di lavoro subordinato, introdotto con il D.Lgs 276/03, caratterizzato dal fatto che la controparte del datore di lavoro è rappresentata da due lavoratori, i quali assumono in solido l’adempimento di un’unica e identica obbligazione lavorativa.
È bene precisare che il lavoro ripartito, affinché abbia ragione di esistere e possa esprimere la sua massima elasticità e flessibilità, si presuppone che sia fondato da un forte vincolo di solidarietà, complicità e fiducia tra due lavoratori. Infatti, i lavoratori possono e dovranno liberamente e in qualsiasi momento decidere di sostituirsi tra loro, decidere di modificare la collocazione temporale del loro lavoro, quindi dei turni da svolgere risultando personalmente e direttamente responsabili dell’adempimento dell’intera obbligazione lavorativa.
La flessibilità nella gestione del lavoro tra i due lavoratori rimane subordinata all’unico obbligo: fornire al datore di lavoro la prestazione lavorativa per l’orario di lavoro stabilito in contratto. I lavoratori sono tenuti, infatti, ad informare preventivamente il datore di lavoro, con cadenza settimanale, in merito all’orario che sarà svolto da ciascuno dei due.
Personalmente ritengo molto “smart” questo contratto soprattutto laddove ho la necessità di avere garantita una prestazione lavorativa, avvalendomi della collaborazione di due persone che possono avvicendarsi secondo le loro personali esigenze. Quale miglior soluzione per l’azienda e per i lavoratori??

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