Assenza ingiustificata: forse è finita per i furbetti della NASpI!

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Troppo spesso assistiamo ad un “prassi” che si va sempre più diffondendo, di lavoratori “furbetti” che si assentano dal lavoro senza alcuna giustificazione per indurre il Datore di Lavoro ad adottare nei loro confronti un provvedimento disciplinare per assenza ingiustificata con il duplice scopo di farsi licenziare ed accedere così alla NASpI.

Ricordiamolo:

la NASpI, o Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego, è un indennità di disoccupazione mensile, a carico dell’INPS, che spetta a tutti i lavoratori che si trovino nella condizione di aver perso involontariamente un posto di lavoro. Quindi tutti coloro che vengono licenziati, anche per giusta causa. Leggi anche “Il ticket di licenziamento: licenziare costa? .

In taluni casi l’assegno di disoccupazione sfiora i 22.000 in 24 mesi. Quindi un occasione ghiotta, o meglio uno stratagemma tutto italiano, per quel lavoratore che non intenda più lavorare per l’azienda dove è assunto.

Oltre la beffa l’inganno

Il comportamento del dipendente che non si presenta più al lavoro, senza inviare certificati medici o valide giustificazioni, impone all’azienda di avviare tutto l’iter di licenziamento previsto dallo Statuto dei lavoratori:

  • lettera di contestazione disciplinare
  • richiesta di motivazione scritta nei 5 giorni successivi
  • intimazione del licenziamento o per «giusta causa» (senza cioè preavviso) o per «giustificato motivo soggettivo» (con preavviso)

Il tutto, versando allo Stato il ticket NASpI, (tassa sul licenziamento pari a 557,92 euro per ogni anno e per un massimo di tre anni), generando così un meccanismo che porta ad un aumento spropositato di costi per il Datore di Lavoro.

Assenza ingiustificata equiparata alle dimissioni: era ora che qualcuno ci pensasse!!!

Premesso che in giurisprudenza nulla è certo, di recente il tribunale di Udine ha aderito alla tesi secondo cui l’assenza ingiustificata è equiparabile alle dimissioni. Per cui assentarsi dal lavoro senza fornire alcuna giustificazione, per conseguire illegittimamente l’indennità di NASpI , è da censurare. L’indennità di disoccupazione, ovvero l’ammortizzatore sociale, come detto, viene riconosciuto a coloro che conseguano “involontariamente” lo stato di disoccupato. Nella fattispecie il “furbetto” con intento scorretto si troverebbe più nella circostanza di dimissioni tacite.

Si tratta, come cita la pronuncia, di atteggiamenti i quali lasciano presumere che l’intento perseguito dal lavoratore sia quello di conseguire illegittimamente l’indennità NASpI, riconosciuta nella sola ipotesi di disoccupazione involontaria e che, pertanto, non viene corrisposta laddove la disoccupazione non sia tale. Sarebbe corretto quindi parlare di dimissioni implicite per comportamento concludente.
La sentenza è sicuramente molto interessante e cavalca un orientamento sempre più collocato a porre in evidenza un atteggiamento del lavoratore che lascia poco spazio ad interpretazioni: “se non ti presenti al lavoro significa che non vuoi più lavorare e pertanto ti considero dimissionario”. Ciò che rileva quindi è la carenza di volontà del lavoratore di proseguire nel rapporto di lavoro.

Ci si augura che la giurisprudenza possa indurre il legislatore a normare certe situazioni tipicamente italiane e collocarle nel giusto contesto.

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