Il preavviso: perché a volte è così antipatico?

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Uomo d'affari che accartoccia un foglio di carta

Nel corso del rapporto di lavoro ci sono situazioni in cui il preavviso di licenziamento o di dimissioni è veramente difficile da accettare. Il punto di vista naturalmente è quello dell’imprenditore che spesso non gradisce di dover concedere al proprio collaboratore “uscente” il preavviso o ancor peggio dover corrispondere l’equivalente l’indennità sostitutiva.

Oggi voglio parlarvi di alcune casistiche, molto frequenti, in cui il preavviso è veramente così “antipatico”!

Preavviso e apprendistato

L’apprendistato ormai lo conosciamo tutti. Si tratta di un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani fino a 30 anni non compiuti. Sappiamo anche che il Datore di Lavoro può esercitare il c.d. “libero recesso” al completo perfezionamento del periodo di formazione (di solito 36 mesi). Significa che il datore di lavoro può interrompere il contratto di apprendistato alla fine del percorso formativo.

Ebbene, nella maggior parte dei casi , a ridosso del termine del periodo di apprendistato, il Datore di Lavoro che intende esercitare il libero recesso, e quindi porre fine al contratto di lavoro alla naturale scadenza del contratto, di solito informa il lavoratore con un congruo anticipo, giusto per non dargli la notizia l’ultimo giorno utile. Tutto logico e lineare e direi anche etico…

Sbagliato!!!

La formulazione dell’art. 2, comma 1 , lett. m del D. Lgs. n. 167/2011, prevede che nel contratto di apprendistato sia possibile recedere con preavviso decorrente dal termine del periodo di formazione, ai sensi dell’art. 2118 del c.c..

Cosa significa? Che non serve a nulla preoccuparsi di avvertire per tempo il lavoratore che non si ha intenzione di proseguire il rapporto di lavoro al termine dell’apprendistato, perché in ogni caso la legge prevede che il lavoratore ha diritto al preavviso che decorre dallo scadere della formazione, ovvero al termine della durata dell’apprendistato.

In altre parole, dalla scadenza del contratto scatta l’obbligo del preavviso per tanti giorni quanti sono previsti dal CCNL, prolungando di fatto il rapporto di lavoro oltre la scadenza del contratto. Di conseguenza, il preavviso, non decorre da quando “eticamente” ho deciso di informare il mio collaboratore, ma sempre dalla scadenza del periodo di formazione, quindi dell’apprendistato.

Ma quali le conseguenze?

Così facendo possono emergere tutte le problematiche connesse alla natura reale od obbligatoria del preavviso, ai fini della rilevanza o meno degli eventi sospensivi che dovessero verificarsi in tale periodo.

Traducendo quanto appena detto potrebbe verificarsi che durante il preavviso il lavoratore si ammali o si infortuni, oppure si verifichino delle gravidanze o matrimoni insorti durante tale periodo, magari erano già programmati. Tali avvenimenti, così detti “sospensivi”, interrompono/sospendono l’efficacia del preavviso, e quindi del “licenziamento” e congelano il rapporto di lavoro durante tale periodo e per la durata dell’evento stesso. Un infortunio potrebbe durare 2 giorni ma anche due mesi e il collaboratore sarebbe ancora in forza e retribuito.

E allora che fare??
Come direbbe il famoso comico Napoletano Antonio de Curtis in arte Totò: ”e io pago!

La soluzione pratica a quanto sopra si trova nell’erogazione dell’indennità sostitutiva del preavviso in sostituzione del periodo lavorato di preavviso, soluzione avvallata dall’orientamento della Cassazione che ha così escluso la natura reale del preavviso.

Ecco chiarito il perché a volte il preavviso risulta così “antipatico” da accettare.

Ma andiamo oltre.. 

Obbligo di pagare il preavviso in caso di dimissioni in periodo protetto

MaternitàMatrimonio
Ai sensi dell’ art. 54 del D. Lgs. n. 151 del 26 marzo 2001 le lavoratrici non possono essere licenziate dall’inizio del periodo di gravidanza fino al termine del congedo di maternità, nonché fino compimento di un anno di età del bambino.

Ciò detto, in caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto il divieto di licenziamento (entro l’anno di vita del bambino …per capirsi), la lavoratrice ha diritto alle indennità previste dalle disposizioni di legge e di contratto per il caso di licenziamento.

Quali sono queste indennità?
In primis, l’indennità sostitutiva del preavviso. L’art. 55 del D.Lgs n. 151 del 26 marzo 2001, impone infatti il pagamento (e …io pago!) dell’indennità sostitutiva in caso di interruzione del rapporto con la lavoratrice madre nel corso del periodo protetto.

Solo per opportuna conoscenza e per chiudere il cerchio: la lavoratrice dimissionaria matura il diritto alla NASpI (indennità di disoccupazione erogata dall’INPS) e il Datore di Lavoro è tenuto a pagare il c.d. Ticket di licenziamento.
Per inciso….. “Le dimissioni del lavoratore intervenute nel periodo tra il giorno della richiesta di pubblicazione del matrimonio ed un anno dopo le nozze devono essere confermate, a pena di nullità di dette dimissioni, alla Direzione Territoriale del Lavoro – ex DPL.
In caso di dimissioni convalidate, al lavoratore dimissionario che ha contratto matrimonio o che è in procinto di farlo, dovrà essere riconosciuta l’indennità sostitutiva del preavviso (…e io pago!). Non è ammesso che il preavviso sia lavorato.










Preavviso del caso di sopravvenuta inidoneità alla mansione

Il licenziamento intimato per sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore contempla l’obbligo del preavviso. L’impossibilità sopravvenuta della prestazione, secondo l’art. 1463 c.c., è causa di risoluzione dei contratti a prestazioni corrispettive. In siffatta ipotesi sarebbe opportuno pagare la relativa indennità sostituiva del preavviso, rendendo sempre attuale la celebre frase…e io pago!

A tal proposito è bene sapere che la giurisprudenza, con riferimento al contratto di lavoro, ha precisato che l’impossibilità sopravvenuta alla prestazione deve essere valutata secondo le norme particolari che regolano l’estinzione del rapporto.

Pertanto, l’inidoneità fisica che determina l’impossibilità della prestazione, non è sufficiente a legittimare il licenziamento , in quanto il Datore di Lavoro deve cercare di ricollocare il lavoratore a mansioni confacenti al suo stato di salute, e se non vi fosse alcun’altra collocazione disponibile si troverebbe nella condizione di licenziare il lavoratore per “esubero” di personale e quindi per giustificato motivo oggettivo.. Anche in questo caso, il periodo di preavviso è soggetto a sospensione per malattia del prestatore fino al termine dell’ultima prognosi riconosciuta dal sanitario, nei limiti del periodo di comporto.


A proposito di periodo di comporto…

Il lavoratore ha diritto, in caso di malattia o infortunio sia professionale che extraprofessionale, alla conservazione del posto di lavoro per un periodo (c.d. a periodo di comporto) scaduto il quale, in base all’art.. – 2110, comma 2, c.c., può essere licenziato ai sensi dell’art. 2118 c.c., cioè con diritto al preavviso. (e..io pago!). Naturalmente anche in questo caso il preavviso non andrebbe lavorato ma retribuito.

E finalmente una notizia positiva!

Esclusione dell’obbligo del preavviso… e io NON pago!

La giurisprudenza ha escluso la sussistenza dell’obbligo del preavviso oltre che nel caso di recesso per giusta causa anche nei casi di:

  • risoluzione consensuale del rapporto di lavoro
  • recesso anticipato da rapporti a tempo determinato
  • licenziamento effettuato in presenza di accordi aziendali che abbiano disposto l’immediata riallocazione dei lavoratori licenziati presso altre imprese
  • assenza di esplicita previsione nell’atto di recesso. In tal caso, non essendo menzionato il preavviso, si deve dedurre la volontà inespressa di esonero dal preavviso

Ma non è finità qui…

  • E’ dovuto il preavviso nel caso di risoluzione del rapporto per raggiunti limiti di età?
  • E nel caso di decesso del lavoratore?
  • E nel caso di cessazione totale dell’impresa, o di fallimento, liquidazione volontaria e coatta amministrativa?
  • Ma ancora , il preavviso è dovuto in caso di licenziamenti collettivi, oppure nel corso della cassa integrazione straordinari e/o ordinaria?

Se hai qualche dubbio o se vuoi approfondire l’argomento, contatta i nostri esperti!

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